che resta tuttavia più resistente al cambiamento. La differenza con il paziente nel primo caso è rivolta a porre il suo sé nella capacità di farsi accettare dalle parti emotive come funzione guida superando le loro resistenze e capendo che il sè con il trauma non è andato distrutto ma la versione del sé di quel momento di vita è stata bloccata in relazione al trauma, mentre una nuova versione ha continuato a crescere con una funzione solo osservativa in quanto non considerato dalle parti emotive né dalla personalità.
Nel disturbo di personalità propriamente detto va invece fatto intendere al paziente (attraverso interventi chiamati di psicoeducazione) che il funzionamento della personalità può essere fatto evolvere in maniera più adattiva all’ambiente presente, pervenendo ad un funzionamento più coerente con l’identità dello stesso e più facile da gestire per il paziente.
Si tratta dunque di trattamenti piuttosto diversi che in entrambi i casi necessitano di tempi lunghi ma che necessitano di una solida alleanza terapeutica, in mancanza della quale sarà molto difficile pervenire a risultati apprezzabili.