MA COSA STA SUCCEDENDO?

Dic 07

La triste verità sulla società moderna illustrata da Steve Cutts (VIDEO) -  greenMe

 

MA COSA STA SUCCEDENDO?

Sesso già dai dodici anni, violenza, stupri, femminicidio, guerre. Cosa sta succedendo oggi nel mondo? Cosa porta delle menti adulte ma anche giovani a desiderare di far male ad un coetaneo, a ‘farla pagare’ alla ragazza che ti ha lasciato, a desiderare che le restino addosso i segni del disprezzo che ti ha buttato addosso abbandonandoti?

In questi ultimi anni molta dell’attenzione degli ‘opinion maker’, degli ‘influencer’ dei gestori di social, dei media, si è concentrata su un mercato, quello dei “raga”. Anche gli adulti spesso si chiamano fra loro così; al telefono non si risponde più con “pronto”, ma con “ehi” o simili formule confidenziali. C’è bisogno di trovare un riconoscimento identitario, ...

somiglianza con le persone cui ci relaziona, mantenendo dei segnali relazionali condivisi sempre da riattualizzare in modo da farci avere la rappresentazione plastica che stiamo dietro al mondo passo dopo passo, passaggio dopo passaggio, in modo da rimanere nel mondo, sentirsene partecipi standogli dietro in ogni piega di modernità (una volta si diceva modernismo), stare al passo coi tempi e sentire che gli altri ci approvano perché ne seguiamo ogni nuova consuetudine ‘ibernarnoci’ appunto in un eterno presente che ci farà sentire giovani sempre, sconfiggendo la paura del tempo che passa, del sentirci ad un certo punto sorpassati dal tempo, e in ultima analisi anche dalla paura della morte e del declino.

Abbiamo accettato le proposte di chi fa girare la macchina dei consumi. La ricerca di Dio si è arrestata, anzi plaudiamo a volte chi bestemmia come al gesto di coraggio di chi non ha paura di niente e di nessuno e anzi crede di aspirare a valori estremi e per questo assoluti sfidando l’Assoluto, in una sorta di agnosticismo anche lessicale, senza peraltro saper distinguerlo dall’ateismo, dal qualunquismo, dall’anarchia o dal nichilismo. Tutte definizioni che oggi, al pari del credere in una religione e neppure in una dimensione spirituale che ci doni più serenità ed estenda le nostre limitate capacità umane in un percorso più alto ed elevato, rigettiamo e non apprendiamo. Queste definizioni non esistono più tranne che nel lessico di pochi ‘tromboni’ letterati, filosofi ormai a parere dei più, stucchevoli come la loro disciplina e le loro argomentazioni prive di forza materialistica.

Sembra quasi di aver imboccato la via di un iper illuminismo, in cui la razionalità va ridotta a pochi termini molto populisti, e la volgarità nel linguaggio e nei modi sembra staccata dal senso onomatopeico ed esperienziale di ciò che affermiamo. Mi spiego meglio: ogni termine lessicale che usiamo viene dal nostro cervello ‘scomposto’ ed elaborato sensorialmente ed etimologicamente, sicchè il termine (perdonatemi!) ‘merda’ non ha lo stesso significato del termine ‘cacca’, quasi il secondo fosse una forma più per bambini, mentre un ragazzo che aspiri all’adultità, o l’adulto che aspiri a restare per sempre ‘raga’ hanno entrambi bisogno di usare in continuazione termini forti, da ‘duro’, sprezzante e coraggioso. Mentre il secondo termine richiama alle feci dei bambini, il primo porta al rilascio di un disprezzo come sorta di scarto, di rifiuto; il cervello dicevo elabora tuttavia, ogni volta che sente un termine simile, una rappresentazione sensoriale di quel colore, di quell’odore (o meglio, puzza, perché la puzza è più virile), di quel senso di ribrezzo del sentirlo, per non parlare della sensazione visiva e gustativa che un tale termine produce ad opera del cervello di ognuno, scomponendolo, come fosse la rappresentazione ‘scomposta’ di un dolce ormai scartato appunto. Salvo che ciò che viene trasmesso all’interno di qualsiasi frase che il suddetto termine veicola tende a ‘sporcarla’, renderla un po’ più triviale, popolare (nel senso peggiore del termine).

In questo senso la società ha fatto molto. Pensiamo alla tonnellata di films (americani e non) con i loro contenuti di violenza, a volte di guerra, conditi appunto con linguaggi volgari e provocatori, inframezzati a scene di sesso (accennato o anche esplicito). Pensiamo ai comici che rinunciano a cercare la risata dietro a contenuti arguti, insospettabili, raffinati nell’allusione intelligente e non irriverente, cui segue il gradimento di un pubblico televisivo o teatrale che applaude e mostra gradimento dopo ogni frase stomacata, accusatoria, condita da parolacce staccate dal contenuto e da allusioni sessuali (spesso improbabili) già predigerite miliardi di volte e ormai scontate. Spesso tali programmi e contenuti sono rivolti ad adolescenti e giovani adulti. Le pubblicità di profilattici sono state ormai sdoganate da tempo, al pari del fumo di sigaretta o degli alcolici assunti dai protagonisti dei film o serie televisive. Anche la bagarre dei programmi di discussione o dei varietà è disposta su flaccidi tappeti di finta o reale aggressività. Anche nei video musicali la stereotipia impera. I ragazzini rapper nei gesti e nelle scenografie sfilano tutti somiglianti in atteggiamenti di rifiuto o di protesta sociale, mentre le ragazze ballano con movenze simil sessuali; in entrambi i casi appare fin scontato che quegli ‘eroi’ maschi suggeriscano di essere sprezzanti della paura, anelanti alle sfide di aggressività fisica e linguistica, mentre le ragazze siano chiamate ad eccitare il palato di chi consuma le immagini.

Il maschio dunque pare uscirne fiero di mostrare la propria forza aggressiva e la femmina la propria forza nell’attraenza come a compiacere i bisogni del primo.

Anche le pubblicità di sedie, divani o qualsiasi oggetto che possa beneficiare di una presenza che vi si allunga sopra pare gonfiare le tasche di chi le propone e far pensare alla ragazzina di poter manovrare una sorta di potere attraverso una finta seduzione e ammalianza su chi guarda e condivide. Le pubblicità e le trasmissioni di cucina traboccano ormai di uomini tutti dediti alla cura del bucato e della cura culinaria delle proprie famiglie.

In poche righe ho tentato di riportare alcuni semplici ed intuitivi accenni della mercificazione dell’immagine sociale dello stereotipo dell’individuo di oggi, che per l’appunto nei social acquisisce la massima dimensione da parte dei ‘leoni da tastiera’ che sbandierano virtù di padronanza e sicurezza nella vita reale piuttosto ipotetiche.

Le conseguenze tuttavia rischiano di essere catastrofiche, già accennate all’inizio. Droghe più o meno leggere permettono ai nostri ragazzi di volare alti sulle ali fantasmatiche del “mi faccio una storia”; per mezzo dell’alcol pare di star meglio in gruppo e potersi librare in alto esprimendo linguisticamente ogni sorta di antipuritanesimo e linguaggio ‘naturale’ e libero.

Era questo che volevamo per i nostri figli? Regalargli l’uso della stanza in cui si chiudono col finanzatino o la fidanzatina pensando che “ma sono ragazzi, lo abbiamo fatto anche noi” e nel frattempo apparire con loro amicali, comprensivi, complici pur non occupandoci dei loro risultati scolastici, poco inclini ad incoraggiarli di far di più, a prefigurarsi il loro futuro e giocare ad interpretare il ruolo di sé stessi, “tanto impareranno dai loro sbagli”, oppure “ma tanto non mi ascoltano” dunque non facciamoci venire il fegato gonfio e impariamo a lasciarli fare.

Si pensa oggi ad implementare a scuola “l’educazione all’affettività” attraverso lezioni con noi psicologi ben sapendo che i ragazzi, lasciati per troppo tempo soli a trovare la propria strada mentre i genitori a casa degli amici parlano fra loro adulti senza coinvolgerli, trovano oggi i loro riferimenti nei loro pari oppure negli adulti  ‘esperti’ speacker che seguono nei social.

 

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